In programmazione: 08/02/2007
Descrizione
Un giovane studente senegalese dopo la morte del padre emigra in Italia. Riesce a trovare un lavoro precario a Villa Literno, si trasferisce a Firenze da una cugina che fa l’indossatrice per poi giungere a Torino. Qui, grazie anche a un’insegnante di italiano, trova una situazione stabile. Ma un’aggressione razzista lo spinge a riconsiderare tutto.
Vittorio De Seta è stato uno dei registi più appartati e, al contempo, più ‘necessari’ al cinema e alla televisione italiani. Chi ha avuto la fortuna di vedere i suoi cortometraggi sa quanto, da siciliano verace, abbia saputo offrire lo spirito profondo di alcune manifestazioni collettive di lavoro (soprattutto legate alla pesca) proprie della sua cultura di origine. I non giovanissimi poi ricorderanno Banditi a Orgosolo (1961) e quel Diario di un maestro (1973) che costituì un vero e proprio giro di boa per la nostra televisione dimostrando che il basso costo di una produzione poteva coincidere con il suo elevato valore sociale e comunicativo. Lo spirito di De Seta non è cambiato e oggi, a 82 anni, ci presenta un film che ha avuto una lunga fase di gestazione e che ora arriva al pubblico. Dicevamo che De Seta non è cambiato. Sono cambiati però i tempi e nella mancata percezione del loro divenire si sente (non solo sullo sfondo) qualche scricchiolio di sceneggiatura. Perché la storia del senegalese Assane si rifà indubbiamente a situazioni reali che subiscono nel nostro Paese discriminazioni inaccettabili. Il problema è che del protagonista si fa una sorta di icona di bontà assoluta (tranne qualche pregiudizio sulla cugina troppo emancipata) che ha tutti i tratti della retorica. L’apice si raggiunge quando il ‘buon’ africano arriva nell’appartamento della ‘buona’ insegnante di italiano per accudire il fratello psicolabile (ma ‘buono’ e convertibile anche lui in un amico da aiutare nel corteggiare le ragazze) e riesce con un clic a far ripartire un computer in panne (non si sa perché lasciato acceso). È didascalismo allo stato puro che purtroppo rischia di ottenere l’effetto contrario al voluto. Senza bisogno di vivere situazioni estreme tutti sappiamo che l’integrazione richiede sforzi da ambedue le parti. Questo film è invece troppo schematico per risultare credibile ed efficace. Gli extracomunitari che vengono nel nostro Paese con il solo scopo di trovare un lavoro decente sono la stragrande maggioranza. Ma non è raccontandoli in forma idilliaca che se ne difendono al meglio i diritti. Tre stelle alla carriera.