Il voto è segreto

In programmazione: 16/05/2002

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Un soldato è di guardia su un’isola deserta. Al risveglio da un sonnellino vede paracadutare un’urna per le elezioni. Di lì a poco giunge via mare una giovane donna incaricata di farle svolgere in modo regolare. A lui toccherà accompagnarla con la sua jeep per consentirle di far votare i pochi abitanti. Attraverso un deserto in cui sorge un inutile semaforo e le strade polverose dei villaggi si sviluppa un rapporto di stima reciproca tra l’uomo e la donna e, forse, anche qualcosa di più. Film dai lentissimi ritmi iniziali superati i quali si può scoprire la delicatezza di una narrazione che non dimentica mai che la società, con le sue regole di convivenza, è composta da uomini e donne capaci di un sentire che nessuna regola di separazioni tra i sessi può elidere. Non solo il voto è segreto, a volte lo sono anche i sentimenti. Ma qualcosa può trasparire e allora la diffidenza iniziale si trasforma in apertura all’altro.

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Tornando a casa

In programmazione: 09/05/2002

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Allo scoppio del conflitto nel Vietnam, un ufficiale americano parte per la guerra. Sua moglie, infermiera volontaria, conosce un reduce paralizzato del quale si innamora. L’uomo, fervente assertore del non-intervento, è sorvegliato dall’Fbi che mette al corrente l’ufficiale della relazione dell’infermo con sua moglie. L’uomo sta per uccidere il rivale, ma riesce a vincere l’insano proposito

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Figli/Hijos

In programmazione: 02/05/2002

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L’associazione “Nonne di Plaza de Mayo” dichiara che durante il regime militare in Argentina sono scomparsi oltre 500 bambini, figli di oppositori del regime che venivano venduti appena nati o addirittura venivano adottati dalle stesse persone che gli avevano ucciso i genitori. La famiglia Ramos vive agiatamente in Italia. Javier, il figlio ventenne, è stato contattato da Rosa, una ragazza sua compatriota che lo raggiunge per rivelargli un orribile segreto: lei è sua sorella. I militari lo hanno portato via appena dopo il parto mentre lei è stata nascosta dalla madre con la complicità di un’infermiera. Javier inizialmente si rifiuta di credere, ma poi dà inizio al confronto con i genitori, lasciando la casa in cui abita e seguendo Rosa a Barcellona, dove sembra sia possibile scoprire la verità e dove i due fanno l’analisi del DNA. Bechis racconta in modo meno asciutto rispetto a Garage Olimpo,ma forse volutamente sfilacciato, la scoperta di una verità che è ancora più complessa. Si è soli nel dolore, ma forse si può trovare una fraternità che non scorre nel sangue, ma sta in quello versato da chi non c’è più.

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8 1/2

In programmazione: 18/04/2002

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Guido è un regista quarantenne, un po’ stanco. Tutto ciò che lo riguarda è stanco: il rapporto con la moglie, col suo produttore, con gli amici, persino con l’amante. Naturalmente l’ispirazione si è fatta sottile, le idee sono rare e astratte, la pigrizia avanza. Ha fatto costruire un’immensa e costosa impalcatura che forse servirà per un film di fantasia, forse. Infatti lo stesso Guido non sa perché l’abbia fatta costruire. Intorno a lui si muovono tutti i “fenomeni” del cinema: tecnici che urlano, amanti di produttori, velleitari che propongono sceneggiature, anziane attrici che aspirano a un ultimo colpo di coda. Guido rincorre idea dopo idea, tutte scialbe e abbandonate. Un critico di cinema dal linguaggio inverosimilmente ermetico gli smonta una per una tutte le iniziative. Cerca un po’ d’aiuto in un alto prelato, che in risposta alle sue angosce gli parla di cardellini. Per fortuna la sua fantasia può correre liberamente nel passato, nell’età dell’adolescenza, nella sua prima terra ai tempi della scuola e delle prime sensazioni. I timori, i misteri, le curiosità, le prime eccitanti trasgressioni. Gli episodi reali e quelli della memoria si alternano in una vetrina di caratteri che davvero non si possono dimenticare: il papà nel sogno, l’amico con l’amante giovane, la maga che gli legge nel pensiero la formula “Asa nisi masa”. Infine ecco il grande girotondo da fiera, con tutti i personaggi che si tengono per mano, che gli girano intorno: tutto continua ed è vitale, ed è inutile drammatizzare sul grande palcoscenico della vita. Otto e mezzo è da molti ritenuto la più alta espressione di Fellini, più ancora della Dolce vita. Qui tutto si compie, tutti i misteri vengono identificati. Il mondo del regista si evolve da (più o meno) reale che era, sale di dimensione per diventare tutto. Tutto incredibilmente nella sua “prima persona”, come una sorta di paradiso e inferno efficacissimi, onnicomprensivi: il cinema di Fellini è complice, misterioso e ruffiano, blasfemo e religioso, è puttaniere e crea disagio, è eroico e vigliacco, è uomo e donna, qualunquista, apolitico, periferico, olimpico e provinciale. Ma la soglia di fantasia, magia e sortilegio è altissima, raggiungibile solo da Fellini. Premio Oscar.

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My generation

In programmazione: 11/04/2002

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Barbara Kopple gira un documentario in cui visita le tre edizioni di Woodstock con occhio disincantato e attento. Per chi è interessato ai fenomeni musicali ma anche a riflettere sulla globalizzazione si tratta di un’occasione da non perdere. I ‘marchi’ hanno invaso Woodstock 1999 con una forza tale da snaturarne il significato. Cosa è cambiato? Come? E, soprattutto, perché? L’unica regista che abbia potuto spiare Woody Allen dietro le quinte della sua vita (ricordate Wild Man Blues?) prova a rispondere a queste e ad altre domande.

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Vajont – La diga del disonore

In programmazione: 04/04/2002

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Era il 9 ottobre del 1963 quando 260 milioni di metri cubi di terra e rocce del monte Toc si staccarono e franarono nel lago artificiale della diga del Vajont. L’anomala, immensa onda relativa sommerse Longarone. Morirono oltre 2000 persone. Si parlò si fatalità, ma non era così. C’era stato chi aveva previsto la tragedia essendo la diga costruita su un terreno inadatto. La giornalista Tina Merlin cercò di portare alla luce la verità, indagando fra omertà e scarichi di responsabilità. Un funzionario si tolse la vita. Il processo, durato decenni, produsse solo condanne ridicole. Martinelli racconta tutto questo cercando di mediare lo spettacolo (troppi effetti speciali e addirittuta “esagerati”) e l’inchiesta. La Morante è brava ma fin troppo aggressiva. La vera Merlin non era così. Ma, si sa, il cinema ha le sue licenze. Film, comunque, benemerito.

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A tempo pieno

In programmazione: 28/03/2002

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Vincent ha moglie e tre figli. È molto dedito al lavoro che lo costringe a trasferte e a riunioni e quindi è spesso assente. Ma finge. Perché è stato licenziato e da settimane non ricopre più il ruolo di consulente a cui teneva. Non ha avuto il coraggio di rivelarlo alla famiglia e agli amici e prosegue la finzione inventando un cambio di ditta grazie a un importante incarico a Ginevra. Mente ormai a tempo pieno ma deve garantire un reddito alla famiglia. Convince allora degli amici ad affidargli del denaro per misteriosi investimenti. Ma il raggiro non può durare per sempre. Cantet sta diventando il profondo analista francese di un mondo in cui il lavoro sta mutando profondamente le proprie regole (ammesso che ne restino ancora). Si sceglie così, come in Risorse umane dei protagonisti estremamente ‘quotidiani’ e cerca di coglierne le contraddizioni additandole ma non giudicando mai con crudeltà. Un cinema ‘civile’ che merita i riconoscimenti che riceve. Leone d’oro a Venezia 2001 ben attribuito.

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Chi lo sa?

In programmazione: 21/03/2002

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Inizia come certi film di Rivette, un po’ noiosetto e troppo precisino, nel racconto. Ma dura solo mezz’ora: poi il film si discosta – poeticamente – dalle vicende raccontate, trova altri punti di vista. Intelligenti, leggeri (nel senso più alto del termine), divertenti. Insomma, nelle due ore successive il film decolla con una progressione centellinata ma inesorabile. Senza rinunciare (anzi) a raccontare le difficoltà dello stare insieme, fra i sessi. Con il regista che si “appropria” della capacità rohmeriana di voler bene ai propri personaggi, e dell’ironia di Resnais … È attraverso queste modalità che l’ex critico cinematografico Jacques Rivette racconta la storia dell’attrice Camille. Che sta insieme al regista teatrale Ugo, recita con lui in Come tu mi vuoi di Pirandello a Parigi, il suo compagno di vita tre anni prima. Anche Ugo è del resto “insidiato” da una bella laureanda che lo sta aiutando a trovare un’opera di Goldoni mai rappresentata … La storia si conclude come una specie di vaudeville, sul palcoscenico del teatro: ci sono tutti i personaggi della storia, ogni cosa trova una sua (convincente, perchè “recitata”) conclusione, con la canzone italiana Senza fine che sparge affetto e ironia a piene mani su storia e spettatori, a rimarcare questo gioco (di coppia, di vita) appunto senza fine …

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La battaglia di Algeri

In programmazione: 14/03/2002

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Magnifica rievocazione di un momento storico, cruciale nel cammino della lotta per l’indipendenza algerina, e della figura di un capo rivoluzionario, Alì La Pointe. Convertitosi alla causa nazionalista dopo un passato burrascoso, viene ucciso nel suo rifugio dalle truppe francesi. I disordini momentaneamente cessano: ricominciano nel ’60, e nel ’62 l’Algeria diventa una nazione libera. Il film ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia nel 1966. È certamente l’opera di maggior rilievo del regista. Di grande rigore espressivo, tale da rasentare, in alcuni punti, il documentario. Un film che ha fatto molti proseliti. Un’opera d’arte che trascende il cinema.

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Sotto la sabbia

In programmazione: 07/03/2002

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Una donna sposata che conduce una vita agiata e ha un lavoro di lettrice all’università si trova di fronte a una realtà che la sconcerta. Il marito da lei tanto amato scompare in mare e il suo corpo non viene ritrovato. Da quel momento la donna nasconde, come suggerisce il titolo, la testa sotto la sabbia. Non accetta la perdita e si comporta come se il coniuge fosse lì con lei. Ciò che più l’ha turbata è l’incertezza sulla effettiva morte (che lo spettatore può ritenere anche inscenata per scomparire). Film tipicamente ‘alla francese’ con tutti i pregi e difetti della definizione. Cioè una grande attrice come Charlotte Rampling finalmente non più gelida e contorta ma fragile di fronte alla propria incapacità di vivere. Ma anche con una sceneggiatura troppo ‘precisa’ per coinvolgere anche cerebralmente e con tante, troppe parole. Cosa che solo Rohmer e pochi altri si possono permettere. Una curiosità: Ozon ha scritto e girato i primi 20 minuti poi si è fermato e ha realizzato il resto sei mesi dopo.

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No man’s land

In programmazione: 28/02/2002

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“Qual’è la differenza tra un pessimista e un ottimista? Il primo pensa che le cose non possano andare peggio di così. Il secondo è convinto di sì.” È la battuta chiave di un film comicamente amaro sulla guerra in ex Jugoslavia e, per traslato, su tutte le guerre di questi nostri tempi. Ciki e Nino, un bosniaco e un serbo, nel corso della guerra del 1993 si trovanio bloccati in una trincea nella terra di nessuno. Con loro c’è un terzo combattente che è sdraiato su una mina che rischia di esplodere a un suo minimo movimento. Le truppe dell’Onu intervengono per aiutare, ma gli alti livelli creano più problemi che soluzioni in una guerra che è vista dall’esterno o come un terreno per esercitazioni diplomatiche o un grande set ‘naturale’ da cui far provare al mondo il brivido della morte (altrui). Abbiamo visto altri film che denunciavano le guerre-spettacolo, ma pochi dotati della saldezza di conduzione (opera prima) e dell’ironia affilata di No Man’s Land. Dice Tanovic: “La lingua parlata dai Serbi, dai Croati e dai Bosniaci è di fatto la stessa. Oggi i Serbi la chiamano serbo, i Bosniaci bosniaco e i Croati croato. Ma quando parlano si capiscono perfettamente tra loro”. È una frase su cui meditare.

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À l’attaque!

In programmazione: 21/02/2002

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Si raccontano le vicende quotidiane del garage “Moliterno & Co.” in cui Gigi e Jean-Do riparano le auto. Il lavoro è duro: dodici ore al giorno per sei giorni a settimana. Ma è meglio questo che la disoccupazione. Il direttore della filiale locale di una multinazionale sta però per affossare tutto. Intende dichiarare fallimento per uscirne comunque senza danni. Il Garage Moliterno è uno dei più forti creditori dell’azienda. Se il fallimento viene accettato Gigi e gli altri finiscono sul lastrico. Bisogna allora intervenire, usando anche un vecchio fucile. Robert Guédiguian è un regista che meriterebbe di essere seguito anche da chi non la pensa come lui.

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Un altro mondo è possibile

In programmazione: 14/02/2002

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Un collage dei fatti avvenuti a Genova nel Luglio 2001, durante la riunione del G8.

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Gli sbandati

In programmazione: 07/02/2002

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Un gruppo di ragazzi di buona famiglia, sfollati in campagna, è indeciso se, dopo l’8 settembre 1943, prendere la via della Resistenza partigiana. Alcuni lo faranno e perderanno la vita, altri fuggiranno al sicuro in Svizzera.

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Un affare di gusto

In programmazione: 31/01/2002

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Un ricchissimo industriale ha una predilezione per i cibi molto raffinati. Ma non vuole avere sorprese. Individua così un anonimo cameriere che ha i suoi stessi gusti e lo assume come assaggiatore. Il suo compito sarà quello di essere a disposizione per assaggiare preventivamente i cibi e segnalare tempestivamente qualsiasi imperfezione nella loro preparazione. Il rapporto inizia in questi termini ma, progressivamente, il ‘padrone’ tenterà di ‘mangiarsi’ la vita del dipendente fagocitandolo psicologicamente. Bernard Rapp ama il noir e ne aveva già dato prova con l’intricato Delitto tra le righe che si avvaleva di un Terence Stamp sempre ad alto livello. Qui ha a disposizione un attore dall’ambiguità palpabile come Giraudeau che si può ormai considerare il Dirk Bogarde del cinema a cavallo di millenni. Appena lo vedi entrare in scena comprendi che qualcosa non va nella sua psiche ma non sai mai da quale parte sbucherà l’artiglio avvelenato. Gli tiene testa un Jean-Pierre Lorit disponibile ma attento quanto basta per caratterizzare un personaggio che da assaggiatore rischia di trasformarsi in divorato.

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Intimacy – Nell’intimità

In programmazione: 24/01/2002

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Un uomo e una donna si incontrano ogni mercoledì pomeriggio: il sesso è l’unica ragione che li spinge l’una tra le braccia dell’altro. Nessuno dei due deve fare domande, tanto meno dare spiegazioni. Gli incontri sono rapidi, silenziosi, apparentemente poco coinvolgenti, ma un giorno Jay infrange le regole stabilite e decide di seguire Claire. La violazione dell’intimità di Claire da parte dell’uomo, implica l’immediato rifiuto da parte della donna di proseguire il loro rapporto. La trama, soltanto apparentemente simile a quella dello straordinario film, Una relazione privata, nel disegnare le psicologie dei suoi personaggi rischia di farsi confusa e di perdere di consistenza. Quando Jay decide di inseguire Claire, scopriamo universi paralleli, storie e percorsi che rapidamente modificano il senso del film: da un piano in cui è assente qualsiasi moralità, Intimacy progressivamente cade nello scontato con un finale già visto in cui la donna, tornata nei panni di brava moglie e madre di famiglia, rinuncia a quegli incontri e forse anche alla felicità.

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Monsoon Wedding – Matrimonio indiano

In programmazione: 17/01/2002

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I Monsoni stanno per arrivare ma a Nuova Dehli stanno per giungere, dall’Australia come da Silicon Valley, i parenti della coppia che sta per sposarsi. Il film focalizza sulle vicende di 5 personaggi con i rimpianti, i problemi del presente e anche qualcosa di pesante da nascondere come, per uno di essi, un passato da molestatore di minori. Il tutto in attesa delle nozze e della pioggia purificatrice dei monsoni.
Dai film di impegno sociale che hanno fatto conoscere Mira Nair in Occidente (Salaam Bombay!, Mississippi Masala) la regista era già passata a temi più ‘commerciali’ come il Kamasutra letto al femminile (e censurato in patria). Ora trova la via della commedia per parlare del proprio mondo (il Punjab che lei paragona per vitalità alla nostra area napoletana) in modo divertente e musicalmente vivo. Perché la regista ha una particolare sensibilità per le scene in cui la musica ha la predominanza riuscendo però a tenere conto della lezione bollywoodiana senza farsene prevaricare. Solo chi non sa apprezzare il valore della commedia (salvo poi mitizzarla decenni dopo come è accaduto per la cosiddetta “commedia all’italiana”) può non accorgersi come, tra canzoni e risate, Nair ci stia parlando di un mondo che cambia sia che lo si voglia o meno.
I mutamenti del costume attraversano, con modalità diverse, tutte le classi sociali. Questo però non la esime dal farci capire come i livelli di vita per gli uni e di sussistenza per gli altri siano troppo divaricati. Riesce a mostrarcelo senza volercelo a tutti i costi dimostrare. Questo è il pregio di una regista che sta cercando una nuova strada senza per questo rinnegare il proprio passato.

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Il mestiere delle armi

In programmazione: 10/01/2002

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Filologico, iperrealista e tanto rigoroso da essere arrogante, questo è Il mestiere delle armi. Ecco a grandi linee la vicenda. Nel 1526 le armate lanzichenecche, cioè tedesche, di Carlo V, scendono attraverso l’ Italia per minacciare lo Stato pontificio, che è difeso dal leggendario Joanni de’ Medici, noto come Giovanni delle bande nere. L’eroe è tradito dal duca di Ferrara, che omaggia il generale Frundsberg di quattro cannoni modernissimi, capaci di condizionare una battaglia. Giovanni viene ferito proprio da uno dei cannoni, a una gamba. La cancrena avanza, le cure sono inutili e il generale pontificio muore.
La fase della sofferenza di Joanni è la parte migliore del film, anche se incredibilmente dilatata. Olmi si ispira al Rossellini dell’ultima età, non più quella dell’oro, quando la grazia era… appannata. I tentativi pittorici di Olmi (sempre buio, sempre neve, mai un’ora di sole) diventano purtroppo calligrafia. I personaggi sono tutti inverosimilmente tristi, lenti e solenni.

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La maledizione dello scorpione di giada

In programmazione: 20/12/2001

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New York anni ’40. Briggs è un investigatore in costante rotta di collisione con Betty Ann Fitzgerald, amante del capo e assunta al fine di rendere razionale ed efficiente l’attività della compagnia. Entrambi vengono ipnotizzati nel corso di uno spettacolo. Briggs verrà così costretto dall’ipnotista a compiere per suo conto e senza conservarne memoria furti considerevoli nelle abitazioni di clienti della sua compagnia. Ben presto i sospetti convergono su di lui mentre sta a sua volta indagando su Betty Ann. L’intrigo non va rivelato oltre mentre va detto che, dopo quel film risolto solo a metà che è stato Criminali da strapazzo,qui Allen torna alla grande mescolando ammiccamenti al cinema dell’epoca a battute ad alto tasso di comicità intelligente. Woody torna sui temi che gli sono più cari e ci ricorda che sempre, ma forse oggi più che mai, tra uomini e donne il gioco della complessità dei sentimenti passa attraverso la dissimulazione. Che abbiamo bisogno di non essere noi stessi per esserlo autenticamente. Perché accettare la realtà di ciò che proviamo può essere molto più complesso che celarla. L’investigazione più difficile da realizzare è quella su noi stessi.

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La nobildonna e il duca

In programmazione: 13/12/2001

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Grace Elliott, è una giovane dama scozzese che si ritrova a Parigi, impossibilitata a rientrare in patria, nei giorni della Rivoluzione. Il film di Rohmer si ispira ai suoi diari, che riferiscono dei giorni del Terrore, ma anche del suo legame con Philippe “Egalité” Duca d’Orléans, cugino di Luigi XVI. I due sono stati amanti, ma un’attenzione profonda li lega ancora. Grace però, da monarchica convinta qual è, non perdona a Philippe il voto in favore della messa a morte del Re. Si ritrova poi coinvolta in un processo nel quale, a seguito di una lettera rinvenuta in un suo cassetto, viene accusata di essere una spia inglese controrivoluzionaria. Eric Rohmer affronta per la terza volta un film in costume per raccontare, dal punto di vista dell’aristocrazia, i giorni del Terrore. Lo fa tentato, più che dalla lettura ideologica, dalla possibilità di tradurre in immagini un diario e dall’uso, per lui assolutamente nuovo, del digitale. Non potendo e non volendo ricostruire la Parigi ‘com’era’, ne ha commissionato delle vedute pittoriche a un artista e le ha usate come sfondi su cui far agire gli attori nel momento in cui si trovano all’esterno. Ne risulta un film geometrico e prezioso, ma un po’ freddo. Proprio come una stampa antica.

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Viaggio a Kandahar

In programmazione: 06/12/2001

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Delle protesi artificiali che scendono ondeggiando dal cielo attaccate a dei paracadute e, in controcampo, una massa di mutilati che arranca con le stampelle nel deserto per raggiungerle e impadronirsene. Questa è l’immagine che resta impressa sulla retina della memoria di un film che ha come tema primario la condizione delle donne in Afghanistan. Una giovane donna afgana, emigrata da tempo in Canada, tenta di rientrare in patria attraverso l’Iran per raggiungere la sorella priva di gambe che ha deciso di suicidarsi allo scadere di tre giorni. Inizia cosi’ un viaggio attraverso la cancellazione dell’immagine stessa delle donne, oltre a quella del loro ruolo sociale. L’accompagneranno nel viaggio, a turno, un bambino cacciato dalla scuola per diventare mullah, un nero americano che si improvvisa medico mentre cerca di trovare un Dio che non vuol farsi raggiungere e un imbroglione per vocazione e necessita’. Makhmalbaf gira un film meno poetico di altri suoi ma animato dal bisogno di denunciare una situazione tragica. Rischia pero’ di fare propaganda alla situazione iraniana in cui la donna gode certo di maggiori riconoscimenti ma non si puo’ definire ‘libera’. Il regista negae rilancia: “È invece un avvertimento ai nostri integralisti affinché non esasperino una situazione già difficile”.

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La casa della gioia

In programmazione: 29/11/2001

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Tratto dal romanzo The House of Mirth di Edith Wharton, racconta la storia di Lily Bart, giovane donna che viene portata alle stelle nell’alta società newyorchese e scopre che il suo fascino suscita gelosie e invidie. Allevata nel lusso dalla zia, Lily capisce che se non vuole abbassare il proprio tenore di vita deve fare un matrimonio di interesse. Diseredata dalla zia in seguito a un diverbio, sta per sposare un buon partito, ma il progetto crolla quando viene accusata ingiustamente di avere una relazione con un uomo sposato e viene respinta da tutti. Terence Davies ha il coraggio, che pochi registi hanno avuto, di abbandonare i quartieri popolari che gli hanno dato fama nel passato ( Voci lontane sempre presenti, Il lungo giorno finisce) e, come Scorsese con L’età dell’innocenza, affronta un romanzo di Edith Wharton.

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Paul, Mick e gli altri

In programmazione: 22/11/2001

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Un gruppo di operai lavora in uno scalo ferroviario nel sud dello Yorkshire a metà degli anni Novanta. È la fase delle privatizzazioni. Nulla è più come prima: ogni remota possibilità di accordo sindacale viene considerata un ostacolo allo sviluppo. La concorrenza impone un abbassamento dei costi e una messa a repentaglio di ogni tutela dei lavoratori. Gli addetti alla manutenzione delle ferrovie vengono messi gli uni contro gli altri, si richiede il massimo dei risultati con il minimo delle strutture messe a disposizione.
Narrato così sembra un articolo di analisi politica. È invece un film di Ken Loach, che sa come proporre autentici pamphlet narrando la quotidianità di persone che non contano più nulla. In nome del liberismo più sfrenato si sacrifica qualsiasi ideale di tutela sociale. Ancora un funerale a chiudere un film di Loach.
Ma se in Terra e libertà era l’occasione per un passaggio di testimone tra generazioni nella lotta e in My Name is Joe costituiva il riconoscimento collettivo dell’impossibilità di uscire da un vicolo cieco costruito da una società insensibile, qui assume la disillusa forza di chi non può più partecipare neppure a una testimonianza comune.
Perché è diventato complice innocente di delitti compiuti da mani ignote ma sempre più rapaci.

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