In programmazione: 11/01/2001
Descrizione
Immigrata negli Stati Uniti dalla Cecoslovacchia, Selma lavora alacremente, senza badare alla stanchezza, per racimolare il denaro sufficiente a far operare agli occhi Gene, il figlio adolescente, affetto dalla sua stessa malattia. I due abitano in una casa mobile sistemata nei pressi di quella di Bill, loro locatore, un poliziotto in bancarotta che, dopo aver rubato i risparmi destinati all’operazione, sarà ucciso dalla donna. A questa ragazza madre, sull’orlo della cecità , allora, non rimarrà che rifugiarsi nel suo mondo di suoni e balli in attesa di essere giustiziata.
Un ouverture di tre minuti e mezzo, soltanto la colonna sonora su schermo nero, così come si usava per i grandi musical hollywoodiani. Titolo. Poi Selma che prova la parte principale di “Tutti insieme appassionatamente” sul palcoscenico di un teatrino, accanto a lei l’amica Kathy, una Catherine Deneuve che non può non rimandare a Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy.
Al suo settimo lungometraggio, Lars von Trier affronta un lavoro ricercatamente teorico sul musical, inteso come genere d’evasione per eccellenza, per parlare invero della capacità del cinema di portare la mente dello spettatore lontano dagli affanni. Sussultante macchina a mano che trova stabilità solo nei numeri musicali, il regista danese rivendica il diritto di ognuno a “sospendere l’incredulità ”, di gelare il grigiore della realtà con la fantasia e l’invenzione: del resto, qui, tutto è ricostruito, compresa quell’America anni Sessanta che avrà un ulteriore passaggio di stilizzazione nel successivo Dogville, tutto è anti-realistico, si pensi alla fotografia desaturatissima dell’ottimo Robby Müller. Non ci sono dubbi che un tale esercizio esiga un pubblico capace di “ascoltare il proprio cuore”, come fa Selma, di immergersi, senza distacco critico, in una serie di trappole melodrammatiche approntate con la solita sfrontatezza da un cineasta abituato agli eccessi.
Riflessione sul potere del cinema (o dell’arte in generale), quest’opera ricca di vitalità intellettuale non si dimentica di essere anche un musical in sé, forse un omaggio, sicuramente un’antologia dei differenti periodi del genere: a partire dal titolo, lo stesso di un numero di Spettacolo di varietà di Vincent Minnelli, si va da Busby Berkeley (Selma e Kathy vedono Quarantaduesima strada al cinema) a Gli uomini preferiscono le bionde (la sequenza del tribunale), dagli spazi aperti di I’ve seen It all che richiama Sette sposi per sette fratelli alla modernità di un Bob Fosse (il numero in fabbrica) fino alla citazione vivente di Joel Grey, il maestro di cerimonie di Cabaret, che interpreta il ballerino cecoslovacco Oldrich Novy.
Fondamentale l’apporto della musicista islandese Björk, anche autrice della colonna sonora, insignita di un meritatissimo premio per la migliore interpretazione femminile in quel 53° Festival di Cannes in cui Dancer in the Dark ricevette la Palma d’oro dalla giuria presieduta da Luc Besson. Dopo Le onde del destino e Idioti, conclude la cosiddetta “trilogia del cuore d’oro”, incentrata su storie di donne destinate al sacrificio.
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