I pugni in tasca

In programmazione: 17/05/2001

Descrizione

Il maggiore di quattro fratelli, Augusto, ha la responsabilità di una famiglia di anormali; il più giovane, Leone, è epilettico e pazzo, la sorella Giulia è ferma ad uno stadio infantile, mentre il terzo, Sandro, è affetto da mania omicida, ed uccide prima la madre, poi Leone. Giulia sta per diventare sua complice, ma all’ultimo si tira indietro inorridita.

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Placido Rizzotto

In programmazione: 10/05/2001

Descrizione

Placido Rizzotto, giovane segretario della Camera del Lavoro (33 anni) viene ucciso in un agguato di mafia ordinato dall’emergente boss Luciano Liggio. È il 1948. Tanto tempo fa. Ma il film di Scimeca è capace di ricordarne la vita raccontando una storia che, come è scritto nel prologo, “sarebbe potuta accadere in qualsiasi posto del mondo”. Venti quadri di una ballata da cantastorie per ricordare, come dice Rizzotto nel film, che “I nostri nemici non sono i padroni ma noi stessi. Non si nasce schiavi o padroni, lo si diventa.” Una lezione di responsabilità individuale troppo facile da dimenticare e che va invece ricordata. Senza ‘se’ e ‘ma’.

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Risorse umane

In programmazione: 03/05/2001

Descrizione

Un neolaureato visita, nel quadro di uno stage, la fabbrica dove lavora suo padre (Vallod, che è un vero operaio senza lavoro) da trentacinque anni. Si scontrano due età e due culture. Il ragazzo scopre che la fabbrica non è davvero quella che si studia all’università. Quadro di una certa fascia sociale in Francia.

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Il piccolo ladro

In programmazione: 26/04/2001

Descrizione

Erick Zonca, dopo il successo di un film difficile come La vita sognata degli angeli, torna sugli schermi con un film dalla durata anomala prodotto dal canale Arte. Un ladruncolo si mette con la criminalità più organizzata di Marsiglia finendo in una banda il cui capo non va per nulla per il sottile. C’è una scena di violenza che giustifica il divieto. Per il resto rimane la sentita attenzione del regista per un mondo giovanile che rischia ogni momento di perdersi per strade senza via d’uscita.

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Viaggio verso il sole

In programmazione: 19/04/2001

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Istanbul ai giorni nostri. Mehmet è un giovane che cerca con un tubo di rame le perdite nell’acquedotto cittadino. Incontra il curdo Berzan di cui diventa amico. Verrà a sua volta ritenuto curdo a causa della sua pelle scura, accusato ingiustamente e picchiato. Berzan verrà ucciso dopo una manifestazione di protesta. Mehmet intraprende un lungo viaggio per seppellire il suo corpo nel lontano villaggio d’origine. Una donna coraggiosa dietro la macchina da presa per raccontare una storia a cui si può perdonare qualche incongruenza narrativa presente nella seconda parte del film. In Concorso a Berlino nei giorni in cui veniva arrestato in Germania Ocalan.

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Sangue vivo

In programmazione: 12/04/2001

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Il “sangue vivo” è quello che scorre nelle vene delle vittime del terribile ragno taranta i cui morsi provocano crisi tra l’epilettico e l’epilessia. È grazie ad una musica, la pizzicata, che questi malati tornano pian piano in loro: il ritmo dei tamburi li aiuta infatti a regolarizzare la pulsione del cuore e quindi a guarire. Parlata in dialetto e sottotitoli in italiano caratterizzano questa pellicola coinvolgente e capace di trasmettere forti emozioni.

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Fratello dove sei?

In programmazione: 05/04/2001

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E’ un evento, anzi l’evento. Infatti attribuisco a questo film cinque stelle, la massima valutazione. Non lo facevo da ventun anni, da Apocalypse Now. Non ci credevo più. “Fratello” contiene tutto ciò che fa il capolavoro: storia, regia importante e non visibile, attori, discrezione e leggerezza, il supporto, anche furbo, della musica (country), e finalmente non violenza, ottimismo ragionevole, e il sospetto che si possa ancora star bene. E poi la scrittura, l’intelligenza e l’ironia, e la misura migliore di tutto, e tutto esposto semplicemente, così come i grandi temi, desunti da piccole storie. E dunque si esce dalla sala e si ha la sensazione che in giro ci sia del buono e puoi trovarlo se cerchi e ti comporti bene. Nei titoli viene spiegato che l’ispirazione è l’ Odissea. Tre galeotti (ma erano dentro per piccole cose) evadono. Sono Ulisse Everett (Clooney), Delmar (Nelson) e Pete (Turturro), incontrano un vecchio cieco che prevede che la loro ricerca (un bottino nascosto) finirà quando vedranno una mucca su un tetto. Incontrano un gruppo di fedeli che si battezzano in un fiume; un nero che ha venduto l’anima al diavolo per suonare la chitarra; poi incidono una canzone – cantano benissimo – su un disco rudimentale. Partecipano a una rapina col gangster pazzo Faccia d’angelo, si fanno derubare da un venditore di bibbie. Sconvolgono una manifestazione del Ku Klux Klan. Cedono alla seduzione di tre sirene canterine. Sono coinvolti nella campagna elettorale del solito disonesto politicante. Alla fine Ulisse ritrova l’ex moglie, Penelope (e le sei figlie), che si stava sposando con un altro… uno dei Proci. Vengono ripresi dalle guardie che li hanno sempre inseguiti, stanno per essere impiccati, ma si salvano perchè la valle viene sommersa dal fiume, per via di una centrale elettrica che tutto trasformerà. Ed ecco la famosa mucca sul tetto. Nel frattempo erano all’oscuro dell’enorme successo del loro disco: I’m A Man of Constant Sorrow. Sì, va tutto a posto. E così il chiacchierone Ulisse-Clooney ha spiegato l’America della depressione, la vita, la speranza, la stupidità, e anche l’essenza, che forse è semplicemente una bella famiglia, magari con qualche amico sincero. Metafore precise, chiare e pulite, legate al passato e anche al presente di quel Paese. E mille citazioni: da Furore a Nick Manofredda a Gangster’s story a Nascita di una nazione. I tre protagonisti sono di una bravura impressionante, e dunque i Coen sono anche direttori d’attori. Ribadisco: le cinque stelle risalgono al 1979. Da tanto tempo davvero non si faceva un film così.

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Sacco e Vanzetti

In programmazione: 29/03/2001

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L’iniquo verdetto di condanna a morte contro i due anarchici italiani, accusati di rapina a mano armata ed omicidio, suscita emozione e rabbia in tutto il mondo. Lo sdegno diviene ancora più grande quando, durante sette lunghi anni, vengono preordinatamente respinte tutte le richieste di apertura del processo e di revisione del giudizio avanzate dai difensori dei due imputati. La definitiva esecuzione non eliminerà il pesante sospetto che Sacco e Vanzetti siano stati giudicati più per la presunta pericolosità delle loro idee politiche che per il capo d’accusa loro addebitato.

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Grazie per la cioccolata

In programmazione: 22/03/2001

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Andrè Polonski e Mika Muller si sposano una seconda volta, coniugando, “alchimicamente”, musica e cioccolata. Pianista di fama mondiale lui e direttrice di un’azienda di cioccolato lei, dividono la loro esistenza con Guillaume, figlio nato dalla prima moglie Lisbeth, sorellastra di Mika. Nella loro vita, per una curiosa coincidenza, “rientra” Jeanne Pollet, una giovane pianista ambiziosa. In una strana confessione, Jeanne scopre dalla madre di essere stata scambiata, in clinica, al momento della nascita, e di essere stata, solo per un attimo, “figlia” del pianista Polonski. La curiosità, prima, e la passione, dopo, che accomuna magicamente Jeanne e André, inducono la giovane donna a entrare nella casa e nella “perversione”della famiglia Polonski. Ma il talento di Jeanne e l’armonia tra i due mineranno irrimediabilmente l’onnipotenza di Mika, risvegliandola da un sonno atavico… Un film talmento freddo e perfetto da dover essere chimicamente ritoccato per scaldarne le copie, parole di Chabrol, che in un’aderenza sorprendente a quella che sembra essere ormai il suo alter ego, Isabelle Huppert, mesce la cioccolata fino a portarla al punto di ebollizione. Punto di non ritorno del suo personaggio, Mika, che come un ragno tesse la tela, lavorando un uncinetto a maglie strette che anestetizza e cattura l’isolamento di una famiglia mai completamente sua. Un esilio nella parte più buia dell’anima e della mente, quella in cui la raffinata intelligenza di Chabrol, ricerca, da sempre, l’archetipo. La parola che diventa comportamento, la notazione grafica del pianista che si fa materia nelle confezioni eleganti della Muller, avvolgendo nel cioccolato la “perversione”.

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Bread and Roses

In programmazione: 15/03/2001

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Maya, ha raggiunto Los Angeles in forma clandestina correndo anche dei gravi rischi e ha trovato un lavoro in un’impresa di pulizie grazie alla sorella Rosa. Un giorno aiuta uno sconosciuto a sfuggire dalle mani di Perez, il capo degli operai. Si tratta di Sam, un sindacalista che vorrebbe che i lavoratori scioperassero contro un’impresa che aumenta gli introiti e diminuisce gli stipendi. Ma non è facile spingere alla protesta chi ha assoluto bisogno di quel lavoro e, come Rosa, non vuole tornare a vivere in una condizione di cui Maya non ha mai saputo nulla..
Ken Loach attraversa per la prima volta i confini degli Stati Uniti per proporre una vicenda che trae origine da una protesta avvenuta a Los Angeles. La terra della libertà per eccellenza diviene così oggetto di una lettura non certo tenera nei confronti dei processi di coercizione a cui vengono sottoposti coloro i quali ancora credono al ‘sogno americano’ partendo da posizioni decisamente svantaggiate. Il titolo è di per sé già un manifesto: si tratta dello slogan che contrassegnò la lotta degli operai tessili nel 1912. Essi reclamavano per sé non solo il pane quotidiano ma anche il diritto a poter godere della bellezza senza che quest’ultimo venisse annullato da una vita in cui contasse solo il lavoro. Loach, anche in questa occasione, ci vuole ‘vicini’ ai suoi personaggi e per far questo utilizza tecniche che lascino al contempo spazio interpretativo agli attori e prossimità allo spettatore. Perché il suo stare a fianco degli umili di (per noi) manzoniana memoria respinge la retorica in favore di uno sguardo carico di umanità. Lui e Laverty (sceneggiatore d’elezione) non portano sullo schermo dei personaggi ma delle persone. Questo fa la differenza.

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Il partigiano Johnny

In programmazione: 08/03/2001

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La Resistenza partigiana, argomento scivoloso. Sempre di guerra si tratta. E guerra vuol dire – sempre, solo e comunque – dolore, sofferenza, morte, fango, fame, solitudine, dubbio, abisso. Il regista raggiunge pienamente questo obiettivo: ritrae infatti la Resistenza partigiana come una (brutta) guerra qualunque. Con eroi ed antieroi, con luci ed ombre, con male e bene insieme. Con il “dramma” al di sopra delle parti, tutte. Chiesa, che evita accuratamente anche il romanzo di Fenoglio, ha lavorato seriamente, con passione, con competenza. Ma con il “braccino corto”, cioè con la paura di sbagliare. Perchè la Resistenza aveva già “sgambettato” Daniele Lucchetti, che tre anni fa con I piccoli maestri aveva scelto il tono sbagliato: carino, superficiale, leccato. Ed allora? Forse le guerre dovrebbero esistere solo a livello d’immaginario cinematografico. Raccontare quelle vere, dolorose, complesse mette sempre a disagio. Talvolta in maniera irrimediabile.

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Complice la luna

In programmazione: 01/03/2001

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L’uomo sta per scendere sulla Luna. La protagonista, già madre da ragazza, ha una vita monotona all’interno di una piccola comunità conservatrice. Un giorno arriva un venditore ambulante di indumenti dallo stile freak e dal fascino a fior di pelle. Tutto cambia. La donna si “libera” (come si diceva allora) creando qualche squilibrio nella figlia adolescente che se la trova davanti a Woodstock. Il film procede in modo interessante per tre quarti della durata. Poi il desiderio di mettere tutte le cose a posto prevale.

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Diciassette anni

In programmazione: 22/02/2001

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Tao Lan esce di prigione dopo diciassette anni e non riconosce più il suo paese. Tutto è cambiato, rapporti e ambizioni. E certamente il nuovo corso non è migliore. Un’istantanea della Cina che gli occidentali non si aspettano. Buon documento autoctono, nelle caratteristiche del Cerchio (la vita e le donne in Iran). Tanto basta per essere premiati a Venezia (alla regia).

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Criminali da strapazzo

In programmazione: 15/02/2001

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“Volevo fare un film su una storia di successo americana e sui valori culturali americani, ma volevo che fosse spassoso e non pedante.” Woody ha fatto centro. La dichiarazione di intenti è stata seguita dai fatti. Questa volta, si diverte e ci diverte con la storia di Ray (ex detenuto) e di sua moglie Frenchy. Ray vuole fare il colpo della sua vita. Affitta un negozio in cui Frenchy preparerà biscotti, attività questa che servirà da copertura al tentativo di scavare un tunnel sotterraneo fino al caveau della vicina banca. Fin qui, se si vuole, siamo nel già visto, anche se la raffica di battute incalza come non accadeva da tempo. La variante è però di quelle alleniane DOC: il colpo non riesce ma i biscotti si vendono alla grande. Tanto da fare ricchi i due che diventano proprietari di una catena alimentare. La loro ignoranza è però abissale, tanto da far sentire a Frenchy l’esigenza di fare dei progressi. Si trova così un esperto che dovrebbe iniziarla ai pregi dell’arte e del sapere. Peccato che, in realtà, miri al suo patrimonio. Allen sa perfettamente come gestire tutti i meccanismi della commedia. Lo spirito torna corrosivo ma il tono è quello di chi è fondamentalmente indulgente con i propri personaggi. Woody sembra nuovamente pacificato con se stesso e con il suo cinema. Il pubblico non può che trarne vantaggio.

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Il caso Winslow

In programmazione: 08/02/2001

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Inghilterra 1911. Il quattordicenne Ronnie Winslow, appartenente a solida famiglia vittoriana, viene espulso dall’accademia navale per aver rubato cinque scellini. Il padre crede alla sua innocenza e affida il caso a Sir Robert Morton, un pari d’Inghilterra. Il processo diventa un caso nazionale, la famiglia ne risente profondamente, economicamente e moralmente – Catherine, sorella di Ronnie, viene abbandonata dal fidanzato militare la vigilia delle nozze – . I Winslow vincono la causa. Film importante, presentato a Cannes nella sezione Certain Regard, ma certamente avrebbe meritato un premio importante. Mamet è rigoroso come sempre, con tutti i pesi giusti e con attori straordinari. Grazie anche alla solida base fornitagli da Terence Rattigan, autore della pièce. Mezzo punto in più rispetto al giudizio in stellette.

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Lavagne

In programmazione: 01/02/2001

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Dopo un esordio a diciotto anni sotto l’ala protettiva di papà Moshen con il film La mela, Samira torna con la sua opera seconda a distanza di due anni. Il film racconta la storia di maestri del Kurdistan iraniano che vagano per i monti con le lavagne sulle spalle. Cercano allievi perché le scuole sono state bombardate e le popolazioni disperse. Uno di loro, Reboir, crede di averne trovati, ma sono troppo impegnati a sopravvivere per potersi interessare della cultura. Un altro, Said, si vede rifiutare qualsiasi proposta sia dai giovani che da un gruppo di anziani che cerca di ritornare nel proprio villaggio per morire in pace. La Makhmalbaf è capace di andare oltre la cronachistica proposizione di eventi per cercare uno stile più alto che, grazie anche a una fotografia drammaticamente lucida, trasmette la sofferenza di un popolo a cui si vuole togliere anche il piacere della scrittura.

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Prima che sia notte

In programmazione: 25/01/2001

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Reinaldo Arenas, scrittore e poeta cubano in esilio, è il protagonista del film. Arenas sin da bambino mostra un grande talento per la poesia. L’avvento della rivoluzione sembra essere estremamente positivo per un giovane che sente emergere in sé l’interesse per il proprio sesso. Ma presto il vento cambia e, dopo aver vinto a 20 anni un premio letterario, nel 1973 viene arrestato perché omosessuale e i suoi lavori vengono confiscati. Nel 1980 Castro autorizza omosessuali, ex carcerati e malati mentali a lasciare Cuba. Tra loro c’è Reinaldo che raggiunge gli Stati Uniti dove però le sue difficoltà non sono terminate. Julian Schnabel, dopo averci offerto nel 1996 Basquiat (dedicato alla vita dell’artista americano), ci propone ora, in una luce solare e patinata, una vicenda ‘realmente accaduta’. Qualsiasi tensione si dissolve in un ritratto che vorrebbe essere anticonvenzionale e risulta invece di maniera.

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Addio terraferma

In programmazione: 18/01/2001

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Se ha ancora senso parlare di grandi autori di cinema, Iosseliani è un nome a cui ci si deve riferire. Qui ritrae la Parigi che più amiamo, la Parigi dei bistrot. E un gruppo di irresistibili eccentrici. Si ride, si sorride, ci si commuove. Perché questo è davvero un gran bel film. Senza effetti speciali.

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Dancer in the dark

In programmazione: 11/01/2001

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Immigrata negli Stati Uniti dalla Cecoslovacchia, Selma lavora alacremente, senza badare alla stanchezza, per racimolare il denaro sufficiente a far operare agli occhi Gene, il figlio adolescente, affetto dalla sua stessa malattia. I due abitano in una casa mobile sistemata nei pressi di quella di Bill, loro locatore, un poliziotto in bancarotta che, dopo aver rubato i risparmi destinati all’operazione, sarà ucciso dalla donna. A questa ragazza madre, sull’orlo della cecità, allora, non rimarrà che rifugiarsi nel suo mondo di suoni e balli in attesa di essere giustiziata.
Un ouverture di tre minuti e mezzo, soltanto la colonna sonora su schermo nero, così come si usava per i grandi musical hollywoodiani. Titolo. Poi Selma che prova la parte principale di “Tutti insieme appassionatamente” sul palcoscenico di un teatrino, accanto a lei l’amica Kathy, una Catherine Deneuve che non può non rimandare a Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy.
Al suo settimo lungometraggio, Lars von Trier affronta un lavoro ricercatamente teorico sul musical, inteso come genere d’evasione per eccellenza, per parlare invero della capacità del cinema di portare la mente dello spettatore lontano dagli affanni. Sussultante macchina a mano che trova stabilità solo nei numeri musicali, il regista danese rivendica il diritto di ognuno a “sospendere l’incredulità”, di gelare il grigiore della realtà con la fantasia e l’invenzione: del resto, qui, tutto è ricostruito, compresa quell’America anni Sessanta che avrà un ulteriore passaggio di stilizzazione nel successivo Dogville, tutto è anti-realistico, si pensi alla fotografia desaturatissima dell’ottimo Robby Müller. Non ci sono dubbi che un tale esercizio esiga un pubblico capace di “ascoltare il proprio cuore”, come fa Selma, di immergersi, senza distacco critico, in una serie di trappole melodrammatiche approntate con la solita sfrontatezza da un cineasta abituato agli eccessi.
Riflessione sul potere del cinema (o dell’arte in generale), quest’opera ricca di vitalità intellettuale non si dimentica di essere anche un musical in sé, forse un omaggio, sicuramente un’antologia dei differenti periodi del genere: a partire dal titolo, lo stesso di un numero di Spettacolo di varietà di Vincent Minnelli, si va da Busby Berkeley (Selma e Kathy vedono Quarantaduesima strada al cinema) a Gli uomini preferiscono le bionde (la sequenza del tribunale), dagli spazi aperti di I’ve seen It all che richiama Sette sposi per sette fratelli alla modernità di un Bob Fosse (il numero in fabbrica) fino alla citazione vivente di Joel Grey, il maestro di cerimonie di Cabaret, che interpreta il ballerino cecoslovacco Oldrich Novy.
Fondamentale l’apporto della musicista islandese Björk, anche autrice della colonna sonora, insignita di un meritatissimo premio per la migliore interpretazione femminile in quel 53° Festival di Cannes in cui Dancer in the Dark ricevette la Palma d’oro dalla giuria presieduta da Luc Besson. Dopo Le onde del destino e Idioti, conclude la cosiddetta “trilogia del cuore d’oro”, incentrata su storie di donne destinate al sacrificio.

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Holy smoke – Fuoco sacro

In programmazione: 14/12/2000

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Il film, presentato a Venezia nel 1998 e scritto da Jane Campion in collaborazione con sua sorella Anna, racconta una storia di grandi passioni. Ruth (Kate Winslet) è una bella ragazza australiana che si reca in India alla ricerca di una nuova spiritualità. Quando la famiglia viene a sapere che Ruth viene plagiata da un Guru del posto, preoccupata, decide di affidare a P. J. (Harvey Keitel), consulente spirituale, il compito di riportare a casa la ragazza. Giunto in India, P. J. rimarrà incantato da Ruth e dalla sua sensualità e, se da un lato riuscirà a liberare la giovane dal plagio spirituale del santone, dall’altro non riuscirà a liberare se stesso dal grande potere seduttivo che Ruth esercita su di lui. Film intenso, ben girato, ben recitato.

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Il tempo ritrovato

In programmazione: 07/12/2000

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Da Proust: la seconda parte della sua ricerca che è appunto quella del tempo ritrovato. Il grande scrittore francese ha una difficilissima collocazione nel cinema essendo la sua scrittura ricca di reminiscenze e introspezioni. I grandi personaggi in gioco hanno fatto del loro meglio ma il risultato è molto “faticoso”. Apprezzato Malcovich nella parte del barone Charlus.

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Il cerchio

In programmazione: 30/11/2000

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Dopo aver affrontato ne Il palloncino bianco e Lo specchio le tematiche infantili, con Il cerchio, l’iraniano Jafar Panahi, rivolge il proprio sguardo all’universo femminile. Otto ritratti di donne, otto storie di quotidiana sopravvivenza raccontate con la semplicità di un linguaggio che non cerca di emozionare lo spettatore, ma al contrario di accompagnarlo, mantenendo il più possibile un punto di vista distaccato. Il cerchio rimanda, in qualche modo, alla circolarità e alla frammentazione della narrazione, che descrive uno dopo l’altro ciascun personaggio. Le vicende si succedono apparentemente in modo del tutto casuale. Il cerchio si ricompone, chiudendosi, soltanto nel finale. Sorprende la bravura di Panahi, nell’essere riuscito a descrivere, con grande sensibilità ed efficacia – per lo più attraverso i gesti – personaggi così autentici, come quelli di queste donne costrette a vivere ai margini di una società estremamente rigida e codificata.

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I cento passi

In programmazione: 23/11/2000

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Alla fine degli anni Sessanta a Cinisi, un piccolo paese siciliano, la mafia domina e controlla la vita quotidiana oltre agli appalti per l’aeroporto di Punta Raisi e il traffico della droga. Il giovane Peppino Impastato entra nel vortice della contestazione piegandola, con originalità, alle esigenze locali. Apre una piccola radio dalla quale fustiga con l’arma dell’ironia i potenti locali fra i quali Zio Tano (Badalamenti). Peppino verrà massacrato facendo passare la sua morte per un suicidio.
Se lo si guarda con gli occhiali dell’ideologia I cento passi (che si ispira a fatti realmente accaduti), con la chiusura sulle bandiere rosse e i pugni chiusi del funerale di Impastato, potrebbe sembrare un film di propaganda. In realtà è un film di impegno civile (che non si vergogna di citare il Rosi di Le mani sulla città) che si assume il compito di ricordarci che la lotta a quel complesso fenomeno che passa sotto il nome di mafia non appartiene a una ‘parte’ ma è dovere di tutti indipendentemente dall’appartenenza politica. Marco Tullio Giordana, Claudio Fava e Monica Zapelli si ispirano a un personaggio realmente esistito e che, grazie a questo film, trova una sua giusta rivisitazione. Perché la morte di Peppino coincide con il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro e quindi non ha alcun rilievo sui mezzi di comunicazione. Questo facilita il compito a chi, anche in campo politico, non vedeva l’ora di liberarsi di un avversario difficile da contrastare perché mosso dall’urgenza della denuncia del malaffare. Giordana sa mostrarne l’aspetto pubblico e quello privato.
Se Luigi Lo Cascio offre al suo personaggio la lucida energia di un provocatore consapevole dei rischi corre, ma non per questo disposto ad arretrare, Luigi Maria Burruano fa del padre una persona divisa in due: da un lato il dovere di obbedienza ai malavitosi e dall’altro l’amore per quel figlio che picchierà piangendo nel momento in cui si sente da lui disonorato di fronte alla mafia.
La regia non si limita però a proporci un film di ricostruzione storico-ambientale. Va oltre suggerendoci, con soluzioni di montaggio e con scelte di scenografia, da un lato il clima di soggezione psicologica a cui neppure Peppino può sottrarsi (da piccolo ha avuto modo di chiedersi perché l’auto dello zio Cesare è stata fatta saltare in aria) e dall’altro la progressiva solitudine in cui il protagonista viene a trovarsi nel momento in cui quasi più nessuno lo sostiene. Ricordandoci che ‘dopo’ tutti sono bravi a partecipare al lutto. ‘Dopo’ però.

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