Abdul-Murat, un contadino ceceno, prende in ostaggio due militari dell’Armata Rossa che vuole scambiare con il figlio, prigioniero dei russi. Un giorno i due tentano di fuggire. Il primo, un veterano di guerra, viene ucciso e il secondo, il più giovane, è ripreso e rinchiuso in un buco profondo, attorniato dall’odio degli abitanti del piccolo villaggio.
Si tratta del primo film di Ymou ambientato al presente e senza la compagna Gong Li. Girato con la macchina da presa a mano mette in primo piano il bisogno del regista di rinnovarsi e di sperimentare. La storia è molto semplice, di sapore pirandelliano. Xiao Shuai è innamorato di una ragazza che ha rapporti con un riccone molto potente. Un giorno viene picchiato dagli scagnozzi del rivale. Durante il pestaggio il computer portatile di un passante viene rotto e questi vuole il risarcimento da Xiao Shuai. Lui invece vuole tagliare la mano del riccone e così si arma di mannaia. Grande ironia e qualche risata.
Il film deriva dalla pièce di Sharman Macdonald, attrice e scrittrice scozzese. Sono cinque i personaggi: due adolescenti che scoprono il sesso, una fotografa che deve affrontare un lutto, due anziane sorelle che temono la morte. Il gruppo dialoga su questi aspetti. Rickman, che siamo abituati a vedere nel ruolo di cattivo, torna al suo grande amore, il teatro.
Nick, operaio straordinariamente vitale, contrae la sclerosi multipla. Sa dunque che progressivamente finirà per non essere più padrone del suo corpo. Ma non si arrende. Lotta in palestra, lotta sul posto di lavoro. La sua ragazza è straordinaria, lo sostiene a oltranza. Lui vorrebbe lasciarla libera, lei lo ama davvero e affronterà tutto ciò che il futuro riserverà . Alla fine c’è il matrimonio e lui, penosamente, dolorosamente, balla con la sposa. Storia vera, e conosciuta, ma vitale, coinvolgente. L’uomo che non si arrende. Bravissimo Carlile che passa dal ruolo maledetto di Trainspotting a questo magnifico esercizio umano. C’è quasi imbarazzo, nel panorama del cinema di adesso, a parlare di una storia con qualche segnale di sentimento, e di speranza.
Un ribelle che vent’anni prima ha accoltellato una guardia dello Scià è diventato regista. L’ex guardia che si presenta a lui gli propone di diventare attore di un suo film. Si può tornare a narrare quell’episodio? Che ruolo sosterranno, nella finzione, coloro che ne furono i reali protagonisti? Makhmalbaf continua con originalità una ricerca sul cinema che troppi altri imitatori di Kiarostami hanno fatto diventare maniera.
Inghilterra anni Trenta. Flora, rimasta senza genitori, va a vivere coi parenti contadini. Il suo modo di vedere la vita è letteralmente opposto a quello dei suoi ospiti, ma la ragazza ha dentro qualcosa di particolare. La sua vocazione a scrivere la fa diventare una buona interprete di caratteri. Alla fine, dove passa, le cose cambiano. Film “povero”, in odore di “free”, un po’ lontano dalle ultime opere di Schlesinger, ma non privo di qualche buona intuizione.
Storia di Piero Nava che nel 1990 fu involontario testimone dell’assassinio del giudice Livatino ad opera della mafia. Nava dovrà testimoniare al processo, dunque fa parte del programma di protezione e la sua vita finisce di esistere, tutte le sue abitudini vengono stravolte, i rapporti con la moglie si fanno terribilmente complicati. Pozzessere ha scelto la via dell’introspezione piuttosto che quella del thriller. A questo punto, grazie alla Buy e a Bentivoglio, forse i due attori italiani con maggiore identità e appeal, il film era bell’e confezionato. Il regista non ha avuto bisogno di fare quasi nulla, e in effetti ha fatto pochissimo. La pellicola entra alla perfezione nel quadro del cinema italiano che fa gran fatica a emanciparsi dai soliti contenuti (cronaca, società e naturalmente mafia), diventando una sorta di ripasso di argomenti televisivi di cinque, sei anni prima.
Gavino, un bambino sardo, studierebbe volentieri, ma a sei anni il padre già lo strappa dalla scuola per fargli fare il pastore. Un sopruso dopo l’altro (con tanto di botte), Gavino cresce. Va militare e comincia a leggere. Aiutato da un amico, riesce a farsi una cultura. Ma la lotta con il padre continua: finirà quando i due si scontreranno sul piano fisico e il giovane avrà la meglio. Gavino studia, va all’università e si laurea. La vita di Gavino Ledda, l’autodidatta scrittore, tratta dal suo libro.
Dario, un radiocronista che conduce una rubrica serale, è chiamato dal fratello ad Atlantic City per dargli consigli su un affare. La situazione familiare è estremamente intricata e termina con l’assassinio del fratello da parte della moglie. Dario torna alla sua radio e racconta, durante una lunga trasmissione, tutta la sua tragedia familiare.
Davide Ferrario dedica il film a Lindsay Anderson di cui conserva la rabbia anche se la maschera sotto uno stile da videoclip. Le vicende di Walter, che traggono origine dal libro di Giuseppe Culicchia, si sviluppano in una Torino a cui il protagonista è estraneo così come alla vita dei nostri giorni. Studente fuori corso di filosofia, disoccupato prima e obiettore di coscienza poi, vergine e privo di ideali il Nostro si sposta da una precarietà all’altra senza poter neppure sperare in un approdo sicuro.
Fine anni Cinquanta. Una donna matura, col marito alcolizzato, si innamora di un giovane pericoloso. La tragedia è dietro l’angolo. Film diretto e interpretato in stile televisivo ma con metodo.
Marito e moglie in un momento molto difficile. Lui, autista di autobus, rimane senza lavoro, lei perde il ristorante che gestiva. Tentano in ogni modo di risalire la china. Lei finisce in un locale gestito da un malavitoso che non la paga. Lui tenta di rifarsi investendo quel poco che possiedono alla roulette. Perde. Quando tutto sembra perduto ecco che qualcuno dà una mano. I due possono aprire un ristorante, fare tutto per bene, aspettare che il primo cliente entri. Ed entra, con molti altri. La vita riprende, la fortuna ha girato. Ci si può rilassare qualche istante guardando le nuvole che viaggiano nel cielo. Basta niente al talentoso Kaurismäki per fare un ottimo film. Rigoroso e realista e senza bisogno del dramma finale.
Dopo l’ottima prova di Orlando la Potter torna alla regia con un film meno impegnativo, ma non per questo meno interessante, nel quale interpreta se stessa. Il film è ambientato tra Parigi e Buenos Aires. Una regista in crisi creativa sta cercando di scrivere una sceneggiatura e decide di prendere lezioni di tango. Nasce un sentimento tra la donna e il suo maestro di ballo, ma entrambi sono abituati a guidare e non a lasciarsi guidare. La Potter, che è anche una bravissima ballerina, è riuscita a unire la meccanicità dei passi del tango argentino, con la passione che suscita in chi lo balla. Splendide musiche da Gardel a Piazzolla.
Ancora un film sull’IRA. Questa volta ci si occupa della resistenza opposta da Bobby Sands e altri suoi compagni di carcere ai metodi violenti del sistema penitenziario britannico. Nel momento in cui lo sciopero della fame sembra procedere verso l’autoannullamento quale posizione debbono prendere le madri dei detenuti? Stare al loro fianco nella lotta fino alla morte o cercare di sottrarli al martirio?
La storia di Shakespeare secondo Branagh. Ancora una volta il regista-attore inglese applica la sua filologia. Ancora una volta sfida Olivier, che aveva fatto aderire il poeta alla civiltà della prima parte del Novecento. Branagh fa la stessa operazione nell’era del magniloquente, del fasto e del budget. Siamo nel 1800 e i costumi sono quelli imperiali. Se si accetta la contaminazione, il film può anche funzionare. Anche se oltre quattro ore, seppure di belle immagini, sono davvero lunghe.
Il produttore di Ciprì e Maresco ha prodotto un altro film provocatorio, ma gli è mancata l’eco che i due astuti registi sanno suscitare attorno alle loro opere. Così Rezza, che non ha nulla da invidiare loro, mette in scena corteggiatori che invecchiano all’improvviso, poeti tormentati dal rimorso per aver pestato un piede, cadaveri parlanti e via riprendendo. Lo stile surreale è supportato da un’indubbia professionalità .
Primo e Secondo Pilaggi, fratelli italiani emigrati sulla costa del New Jersey gestiscono un ristorante sull’orlo del fallimento. I due, per risollevare la situazione, decidono di organizzare una sontuosa cena nel loro locale, alla quale invitare il famoso musicista Luis Prime. Gustosa commedia-gastronomica ambientata negli anni Cinquanta.