Giorno di festa

In programmazione: 30/05/1996

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Uno dei tipici film di Tati, poveri di parole ma ricchi di intelligente comicità. L’ingenuo postino di un piccolo paese francese assiste alla proiezione di un documentario sul servizio postale negli Stati Uniti fornito di velocissimi mezzi moderni. Decide di emulare i colleghi d’oltreoceano. Nel 1995 è uscito nella versione originale a colori.

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Pasolini, un delitto italiano

In programmazione: 23/05/1996

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Film-inchiesta che dà ampio risalto alla figura di Giuseppe Pelosi, assassino di Pier Paolo Pasolini. Più che un ricordo del regista e scrittore, un’analisi della pista alternativa sul caso Pasolini: non si sarebbe trattato di un delitto passionale tra omosessuali, bensì dell’ultimo atto di un complotto ordito dal potere per eliminare un personaggio scomodo, voce critica nei confronti del governo. Ma anche nel film la questione rimane, ovviamente, irrisolta.

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La città perduta

In programmazione: 16/05/1996

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La Banda dei Ciclopi (criminali ciechi) rapisce bambini in un porto fatiscente e li consegna ai Krank che pagano con occhi artificiali. I Krank prelevano dal cervello dei bambini i sogni che loro non sanno più fare. Il gigante One si è visto portare via il fratellino adottivo Denrée e Miette, una bambina di nove anni, lo aiuterà a ritrovarlo. Film allucinato e raffinato proposto come opera d’apertura a Cannes nel 1995 e giunto nelle nostre sale solo nella stagione 1998/99. Il suo difetto sta forse nell’estrema ricercatezza collegata a un impianto fiabesco. Si tratta di una miscela che allontana due pubblici in un colpo solo: quello dei bambini e quello degli adulti.

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La cerimonia

In programmazione: 09/05/1996

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Muore il patriarca di un clan giapponese e un giovane nipote è costretto, suo malgrado, ad assumere il comando della famiglia. Poco dopo un cugino si uccide e il giovane si deve recare all’isola dove il suicida si era da qualche tempo volontariamente confinato. Durante il viaggio ha modo di rievocare i trascorsi della famiglia. Venticinque anni della vita del clan funestati da una serie di lutti e dalla decadenza di una classe aristocratica, che non ha retto al cambiamento dei tempi. È il primo film di Oshima giunto sui nostri schermi. Qui il regista riprende il motivo della decadenza di una grande famiglia, dandone una versione ancor più allucinata e suggestiva. Il tema del suicidio, tradizionale della cultura nipponica, caratterizza tutto il film.

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La seconda volta

In programmazione: 02/05/1996

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Torino. Il professor Sajevo pedina una ragazza, Lisa. L’abborda in un ristorante e si fa riconoscere: “Sono quello cui hai sparato, mi sono salvato per un pelo”. Lisa, ex brigatista, lavora e la sera rientra in prigione, è in semilibertà. Sajevo vorrebbe una punizione più severa, lo dice anche al giudice. I due alla fine si incontrano e si spiegano. Dei professori in “quegli” anni si diceva: “Colpirne uno per educarne cento”. Moretti chiede: “Avete colpito me, dove sono i cento che avete educato?”. C’è un confronto dialettico, in più ci sono le emozioni. Sostanzialmente “quella” stagione non è servita a niente. Ci ha rimesso gente che non c’entrava, come Sajevo. La morale è: è stata un’esperienza, ricordiamola, ma voltiamo pagina. Un film italiano sopra la media, che è quasi sempre bassa. Storia di indulgenza: indulgenza delle vittime, indulgenza speculare delle due critiche politiche opposte. Moretti, uomo di sinistra, non ha goduto invece della generale indulgenza della critica, che lo ha accusato di tradimento. Forse è per questo che il film si solleva dalla media.

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Al di là delle nuvole

In programmazione: 26/04/1996

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Ferrara, Portofino e Parigi sono teatro di storie d’amore di giovani e adulti. C’è la commessa con un terribile segreto, una moglie fedifraga, un marito che ha un debole per la ragazzina, la giovane che si fa timidamente corteggiare la sera prima di entrare in convento. E c’è un cammeo che ci mostra Jeanne Moreau e Marcello Mastroianni di oggi, lontane memorie della magnifica Notte di Antonioni di sette lustri fa. Film che scivola patinato sui corpi nudi delle bellissime, senza le invenzioni energiche del bel tempo che fu. L’intervento alla sceneggiatura di Tonino Guerra è servito solo a riaffermare cose già note, con minor forza e senza aggiornamenti. Il film è presentato dal “massimo” Wenders, che pare abbia rispettato l’autonomia dell’ottantatreenne regista italiano, stanco e malato. La mano di Wenders è, però, evidente nelle sequenze di raccordo con Malcovich, nella parte di un regista che cerca se stesso.

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La dea dell’amore

In programmazione: 18/04/1996

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Allen torna al grande divertimento con questo film in cui l’autobiografia torna a fare capolino. Si trova nei panni di un uomo che, convinto dalla moglie ad adottare un figlio, non resiste al bisogno di sapere chi sono i genitori naturali. Riesce così a scoprire la madre che fa la pornoattrice e rischia di innamorarsi proprio di lui. A commentare e, in qualche misura, a dirigere gli eventi è un coro greco con tutti i ruoli al posto giusto. La tragedia si muta in commedia ma l’uomo contemporaneo è costretto a confrontarsi con i dilemmi di sempre, sembra dire Allen. Nell’antichità era il teatro il luogo privilegiato della rappresentazione, oggi questo compito è passato al cinema e alla televisione. Woody ama il primo e ce lo dichiara ogni volta che può, anche nel delizioso finale di una delle sue opere più riuscite.

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Underground

In programmazione: 11/04/1996

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Belgrado 1941. Due amici un po’ patrioti e un po’ delinquenti combattono i tedeschi. Per salvarsi uno di loro, ferito, si nasconde, con altri, in una cantina. L’altro diventa un eroe. Dopo la guerra è un favorito di Tito. Continua comunque a tener nascosti gli altri, dicendo che la guerra non è finita. Passano i decenni. Quando il “sepolto” esce alla luce trova un’altra guerra, una sola cosa è cambiata: il suo paese non esiste più. La guerra adesso riguarda i serbi e i bosniaci. Nel frattempo molti sono morti, qualcuno si è sposato, sono nati figli. I fatti si ripetono ciclicamente. C’è sempre una guerra da combattere. I tanti anni passati underground rappresentano l’inutilità di una certa era, quella di Tito, appunto, che non era niente, non era comunismo, non libertà, ma solo attesa di niente. Alla fine tutti sono tornati giovani e banchettano in riva a un fiume. Una striscia di terra si stacca dalla riva. È un altro pezzo che abbandona quella terra piena di dolore. Film travolgente, allegorico e potente. Pieno di simboli, di dolore e di voglia di vivere per reazione. Ci sono anche i caschi blu che trasportano sottoterra, underground, i profughi in Italia. Ci sono tante citazioni cinematografiche. Ricordiamo quella dei due sposi che si ritrovano sott’acqua, omaggio di Kusturika al Jean Vigo dell’ Atalante. Vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 1995.

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Il profumo di Yvonne

In programmazione: 04/04/1996

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Yvonne fa perdere la testa a un ricco fannullone e a un aristocratico gay. Il tutto in un clima sfumato in cui gesti e occhiate costituiscono le azioni. La Majani sostituisce la Bouquet, impegnata in un altro film al momento delle riprese.

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Una volta erano guerrieri

In programmazione: 28/03/1996

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Il rapporto tra Beth e Jake non è tra i più tranquilli. Lei, quando lui è ubriaco, subisce botte e violenza. Ma è innamorata e lui si scusa sempre, dopo. Per tale ragione ha anche dovuto rinunciare agli usi e ai costumi dei Maori ai quali appartiene. Ma i figli non reagiscono bene a questa situazione. Uno entra a far parte di una banda di teppisti tatuati, uno le viene portato via dall’assistenza sociale e la figlia si impicca per non sottostare alle voglie sessuali dello zio. Vincitore di alcuni premi al Festival di Montreal e presentato a Venezia.

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Il prete

In programmazione: 21/03/1996

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I sacerdoti protagonisti sono due: uno bello e omosessuale e l’altro anarchico e “sposato”. Vivono a Liverpool in una realtà perbenista. La sceneggiatura della Bird, che proviene dalla televisione, è ricca di suggestioni e di interrogativi morali in costante ricerca di un equilibrio tra le diverse esigenze narrative.

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Vanya sulla 42esima strada

In programmazione: 14/03/1996

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Tratto da un adattamento teatrale di David Mamet ispirato a sua volta da Zio Vania di Cechov. La versione teatrale era diretta da Andrè Gregory, autore di una commedia che Louis Malle realizzò nei primi anni Ottanta, La mia cena con Andrè. E i rimandi a quel film proseguono con uno degli attori, Wallace Shawn, qui protagonista. La bravura di tutti è indiscutibile. La regia utilizza il teatro vuoto dove i personaggi-attori sembra stiano facendo le prove di spettacolo. Proprio come nella versione a teatro non ci sono costumi, gli attori sono vestiti come nel privato. Li vediamo arrivare separatamente al New Amsterdam Theatre, sede un tempo delle Ziegfield Folies, e poi, sedutisi, cominciare a chiacchierare. La pièce ha inizio. Meglio nella versione con sottotitoli, per un pubblico scelto.

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Il deserto dei tartari

In programmazione: 08/02/1996

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Il tenente Giovan Battista Drogo, di fresca nomina, viene assegnato alla fortezza Bastiani, un avamposto ai confini dell’impero che si trova dinanzi al deserto anticamente abitato dai Tartari. Giunto a destinazione Drogo avverte come ogni militare, dal soldato ai più alti gradi, sia in attesa dell’arrivo del nemico proprio dal da quella direzione e quanto la vita dell’intera guarnigione dipenda da quell’attesa. Drogo cerca di farsi trasferire ma l’atmosfera che regna nella fortezza finisce con l’affascinarlo e a impedirgli di andarsene.
Il romanzo omonimo di Dino Buzzati (edito nel 1940) aveva attratto da subito più di uno sceneggiatore e regista ma tutti avevano finito con l’arrendersi dinanzi alla difficoltà di ambientazione storica. Perché lo scrittore situa la vicenda in una dimensione atemporale e la stessa Fortezza Bastiani può essere considerata un luogo non identificabile (Buzzati si spinse a dire che avrebbe potuto anche essere la redazione del Corriere della sera per cui scriveva). Ecco allora che l’idea viene accantonata fino al 1963 quando il libro esce in Francia in edizione tascabile. Sarà Jacques Perrin (già attore per Zurlini in Cronaca familiare) a rilanciare l’idea. La collocazione storica viene fissata alla fine dell’Ottocento con una forte connotazione di eleganza e rigidità austro-ungarica che la famiglia Buzzati-Traverso aveva ben conosciuto. Il luogo (fondamentale) è la fortezza di Barn nel sud dell’Iran (ora distrutta dal terremoto del 2003).
Il film è fedele al libro (tranne che nel finale per problemi produttivi) perché fondamentalmente sia Buzzati che Zurlini condividevano una visione della vita dominata da un senso profondo di attesa, da una sensazione di inutilità, da una profonda malinconia.”Vivere la vita non ha altro fine che lasciarla passare e la morte è l’unica giustificazione” così si esprimeva il regista individuando questo tema come il fil rouge di tutta la sua filmografia. Grazie a un cast di altissimo livello Zurlini rilegge non solo il mondo di Buzzati ma ci propone anche una personale visione del pascaliano ‘silenzio dinanzi agli infiniti spazi’ con questo che sarà il suo ultimo film.

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Cronaca familiare

In programmazione: 01/02/1996

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Dal romanzo di Vasco Pratolini. È la storia di due fratelli, dai primissimi anni dell’infanzia fino alla morte di Lorenzo, il minore, fra i due il più esposto, gracile e sfortunato. Enrico, il maggiore, giornalista faticosamente realizzatosi, rievoca gli sforzi per sostenere il fratello durante l’infanzia e l’adolescenza, la malattia di Lorenzo, l’ultimo penosissimo viaggio a Firenze, dove il poveretto va a morire.

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Estate violenta

In programmazione: 25/01/1996

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Estate 1943. Il figlio di un gerarca fascista in vacanza sulla spiaggia di Riccione perde la testa per la bella vedova di un caduto. Nei giorni che seguono il 25 luglio i due scappano su di un treno che viene bombardato. Il ragazzo si scuote e decide di arruolarsi.

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Un’estate indimenticabile

In programmazione: 29/02/1996

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Presentato al Festival di Cannes. Siamo in Romania durante gli anni Venti. Un’aristocratica signora, ungherese da parte di padre, è sposata a un ufficiale. Costui viene inviato con la famiglia nella regione di Dobrogea. Alcuni macedoni hanno ucciso delle guardie di confine rumene e il suo compito è di catturare alcuni bulgari e fucilarli. Il senso del dovere non riesce però a trascendere le sue idee e l’ufficiale entra in conflitto coi suoi superiori. Un buon film che alterna la commedia al dramma in uno stile tipico del cinema dell’Est.

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Il verificatore

In programmazione: 22/02/1996

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Crescenzio ha trent’anni e va a leggere i dati dei contatori del gas nelle abitazioni. È innamorato di Giuliana che subisce le pesanti attenzioni del suo principale. Finché le attenzioni non diventano “troppo” pesanti e Crescenzio decide di agire.

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Cyclo

In programmazione: 15/02/1996

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Cyclò è un ragazzo che ha assunto il nome dal proprio mestiere di ciclotaxista nella caotica Ho Chi Minh Ville (ex Saigon). Cyclò si vede sequestrare la bicicletta con carrozzella da uno dei tanti racket mafiosi che dominano la città. Il ragazzo ha una Padrona a cui deve rifondere il danno subito. Finisce allora nelle mani del Poeta, capo di un gruppo di piccoli delinquenti. Cyclò dovrà picchiare, uccidere, prostituire la sorella ed estorcere denaro per saldare il suo debito. Vincitore della 52ô Mostra d’arte cinematografica di Venezia, questo film è un viaggio nei gironi infernali di una città che è uscita dalla guerra per piombare in un girone infernale di corruzione e violenza. La lezione di Scorsese si fonde con la memoria di De Sica per dar luogo a una storia freneticamente allucinata. Tran Anh Hung muta decisamente registro rispetto a Il profumo della papaya verde, dimostrando così di non voler riposare sugli allori del precedente successo di critica.

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Il sole ingannatore

In programmazione: 30/11/1995

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Nell’estate del 1936 i processi staliniani contro gli intellettuali subirono una recrudescenza. In una villa di campagna giunge un ragazzo, spia della polizia politica, per incastrare un colonnello eroe della Rivoluzione.

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Insalata russa

In programmazione: 18/01/1996

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Film di grande successo in Russia. Una allegra commedia sulla scoperta, in chiave fantastica, dell’Europa occidentale da parte di un russo. Tchijov vive a San Pietroburgo ed è musicista. Trasloca in una camera già appartenuta a una vecchietta deceduta. Attraverso un passaggio segreto si ritrova a Parigi dove incontra Nicole. Nasce l’amore. Originale e divertente.

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L’età acerba

In programmazione: 11/01/1996

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Maité, Serge, Henri e François sono quattro ragazzi colti in una fase di crisi della loro crescita. Questa si inserisce nella crisi di una nazione, la Francia, sempre più costretta nell’imbuto della guerra di Algeria. Techiné abbandona temporaneamente gli intellettualismi che gli sono cari per offrirci il ritratto di alcune personalità in fase di formazione. Con uno sguardo rivolto al passato senza mai dimenticare il presente. E con un gruppo di attori veramente bravi.

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Lisbon Story

In programmazione: 21/12/1995

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Philip (Vogler), tecnico del suono, risponde a un misterioso messaggio di un suo vecchio amico regista e parte da Parigi per Lisbona. Ma, giunto in città, non ha notizie dell’amico. Dopo qualche giorno passato nella sua casa, trova del materiale girato e inizia a lavorarci. Gira per la città a cercare suoni. Incontra la dolce cantante dei Madredeus (è il momento più bello del film). Quando trova finalmente l’amico, questi è in preda a una grottesca ossessione: ha ripreso centinaia di ore di pellicola, puntando la macchina dietro le spalle, per non vedere le immagini, e lasciarle incontaminate. Philip lo riporta con i piedi per terra, gli corregge filosofia e obiettivi. I due gireranno un film “normale” guardando le immagini. Insieme a Smoke è il titolo più importante del 1995. Profilo altissimo di regia, con quelle doti in più che hanno i fuoriclasse come Wenders, forse il massimo autore contemporaneo. Viene riproposto nel ruolo del regista grottesco lo stesso personaggio di un vecchio film di Wenders, Lo stato delle cose. Temi dunque che tornano e ritornano. L’autore tedesco non rinuncia ai suoi discorsi sul senso della vita, sempre tradotto dalla storia di un film nel film, che è forse l’unico limite del “maestro”. A suggello di questo concetto, l’intervento del vecchio regista portoghese Oliveira, che detta le regole decisive sullo stile e sull’arte. Un film anche ottimista, in questo senso dunque nuovo rispetto al solito rigore drammatico. Nei titoli di testa il regista non dimentica una citazione per Fellini.

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6 gradi di separazione

In programmazione: 14/12/1995

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Paul, sedicente figlio di Sidney Poitier, conquista la fiducia dei Kittridge, agiata coppia newyorkese. La tolleranza dei due ha però un sussulto quando risulta che il ragazzo è un abile maestro nell’inganno, la cui tecnica consiste nell’introdursi nelle case di persone abbienti. I Kittridge tentano di allontanarlo, ma l’impresa non risulta facile.

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Terra e libertà

In programmazione: 07/12/1995

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1994. In seguito all’improvvisa morte del nonno, un operaio inglese di Liverpool, la nipote scopre la sua militanza in Spagna durante la guerra civile, frugando tra carte, fotografie, articoli di giornale e un panno rosso contenente della terra. Da qui si snoda il percorso del giovane David Carr che, nel 1936, decide di arruolarsi nella milizia internazionale del Poum (Partido Obrero de Unificación Marxista) per combattere contro i franchisti: faranno presto seguito gli scontri interni alla sinistra e la delusione ideologica. Alla passione politica si intreccia anche quella amorosa per Blanca, compagna di lotte.
Da rivoluzionario tenace qual è sempre stato, Ken Loach rievoca il fratricida conflitto tra comunisti d’osservanza sovietica e comunisti rivoluzionari e anarchici che squassò le fila dei repubblicani durante la guerra in Spagna, riuscendo a rendere il palpito di un passaggio chiave della storia contemporanea. Che il regista inglese abbia stravolto o meno la storia, come vollero le polemiche successive all’uscita, Terra e libertà è un film palpitante e vero che vuole togliersi dall’impaccio dell’apologia adottando la scelta del punto di vista di David Carr, filtro singolo di una storia comune: è soltanto sua l’esperienza di cui siamo spettatori, sue le idee e le scelte, gli amori e le delusioni, come dimostrano i numerosi ritorni al presente con la nipote che cerca di scoprire sempre di più di un uomo (e di un passato) per lei ancora sconosciuto.
Qui più che in altri titoli, la forza del cinema di Loach sta nel cogliere l’esatta accordatura tra linea politico-ideologica e vibrazione del racconto, impegno e cuore: davvero pochi i registi che avrebbero saputo rendere altrettanto appassionante una sequenza lunga e concettualmente didattica come quella del dibattito tra i compagni del Poum. Senza spettacolarizzare né spingere sulla commozione, la “rivoluzione tradita” è affrontata di petto, con spontaneità, finendo quindi col palesare la posizione degli autori al di là delle schermature e delle accortezze: «Loach e il suo sceneggiatore Jim Allen pensano che le divisioni anche letali all’interno della sinistra, la rinuncia alla rivoluzione e i compromessi voluti da Stalin, abbiano consentito l’instaurarsi della dittatura di Franco in Spagna, abbiano favorito quel rafforzarsi fascista in Germania e in Italia che fu all’origine della seconda guerra mondiale» (Lietta Tornabuoni, ’95 al cinema, Baldini & Castoldi).
Già collaboratore del cineasta per i precedenti L’agenda nascosta e Piovono pietre, Jim Allen – per la sua sceneggiatura originale – ha tratto ispirazione anche dal romanzo-reportage Omaggio alla Catalogna di George Orwell.

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L’amore molesto

In programmazione: 23/11/1995

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Amalia, una sessantenne separata dal marito, viene trovata morta con indosso solo un reggiseno troppo “ricercato” per lei. La figlia Delia, che vive a Bologna dove fa la disegnatrice di fumetti, torna a Napoli per indagare sulla morte della madre. Nel tentativo di ricostruire gli ultimi giorni di Amalia, a partire dall’ultima telefonata ricevuta, Delia si trova a ripercorrere la propria vita. Ricorda la madre bellissima e contesa dagli uomini ma, soprattutto, vede tornare alla luce un passato rimosso. Da bambina aveva raccontato al padre una bugia su una presunta relazione extraconiugale della madre e aveva subito una violenza sessuale. La morte della donna resta inspiegata o, forse, spiegabile in molti modi. Mario Martone, abbandonata la teatralità del suo film d’esordio, si immerge nelle strade di Napoli, una città che, come la protagonista del film, ha bisogno di tornare alle radici del proprio disagio esistenziale per poter sperare di riprendere a vivere.

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